
22 Feb Chef Giovanni Sorrentino: ho girato il mondo senza dimenticare le origini
Chef Giovanni Sorrentino: esperienza, innovazione e qualità
«Il mio primo maestro è stato Andrea Cannavacciuolo, padre dello stellato e famosissimo chef Antonino. Le prime esperienze in cucina le ho fatte a La Sonrisa di Sant’Antonio Abate, terra nella quale sono nato e cresciuto. Poi però ho girato l’Europa per circa quindici anni per rubare il mestiere ai grandi chef. Parigi, Montecarlo, Svizzera Francese e altro ancora. Ho avuto l’onore di lavorare al fianco di chef stellati come Alain Ducasse, che all’attivo vanta circa venti stelle Michelin sparse in oltre trenta locali nel mondo, ma anche alla Torre del Saraceno con lo chef Gennaro Esposito e presso il ristorante dell’hotel Angiolieri di Michele Deleo. Piccole contaminazioni che riescono però a valorizzare ed esaltare il territorio e rendere i nostri piatti moderni e contemporanei».
A parlare è lo chef Giovanni Sorrentino, classe 1982, che ha fatto del connubio tra tradizione e innovazione il punto cardine della sua cucina.
Chef Giovanni Sorrentino e il successo del ristorante Gerani
«Girare il mondo e lavorare con i migliori chef in circolazione mi ha dato tanto – prosegue orgogliosi Giovanni Sorrentino. Ho avuto modo di apprendere tecniche differenti e innovative per poi applicarle alla mia cucina di tradizione. Tutto questo mi ha permesso, nel 2016, di aprire il mio primo ristornate, il Gerani a Sant’Antonio Abbate. Qui ho incentrato il mio lavoro su quello che è il filo conduttore di tutta la mia carriera: una cucina che guardasse alle origini, alla territorialità dei prodotti, alla tradizione e a quelle ricette tipiche della zona dell’Agro nocerino-sarnese rielaborate con una vision più moderna. Data la nostra posizione geografica a cavallo tra la provincia di Napoli e quella di Salerno, abbracciamo le tradizioni culinarie di entrambi i territori. Due tradizioni simili ma allo stesso tempo diverse. Tre aggettivi che senza alcuna ombra di dubbio caratterizzano la mia cucina sono tradizione, territorialità e cucina identitaria. Quando mangi un piatto al Gerani – conclude lo chef – sai subito che è stato fatto da noi e che è appunto identitario della nostra cucina, del territorio e delle sue tradizioni. Da i miei piatti si evince subito la mia filosofia: rivisitare la tradizione in chiave contemporanea per fare apprezzare questo tipo di cucina anche ai più giovani».
M.B.
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